Alicudi, nel verde dipinto di blu

photo © Alessandra Raggio, Alicudi

di Ercole Giammarco

 

All’estremo ovest dell’arcipelago delle Eolie c’è una piccola isola, non la più piccola ma certamente la più appartata delle sette che lo compongono.

Molti milioni di anni fa i movimenti tettonici della crosta terrestre l’hanno destinata a un completo isolamento: 34 miglia marine da Lipari, quasi 60 dalla costa siciliana.

È Alicudi, 5 km quadrati di terra con coste ripide ed aspre che è la parte emersa dai 1500 m di profondità del fondo del mare fino ai 675 m s.l.m. il  punto culminante di un vulcano spento.

Alicudi è immersa e prigioniera in un mare blu che così blu ce ne sono pochi al mondo. Non stupisce che ci vivano poco più di 100 persone, che diminuiscono in inverno, e aumentano d’estate con un turismo che resta però di nicchia: non ci sono discoteche, né stilosi lounge bar vista mare, né movida. Ad Alicudi c’è solo la forza di una Natura primitiva, dove l’uomo è ospite, non padrone. Una terra dura che non regala niente se non emozioni profonde, potenti e inquietanti come quel mare che sembra non abbia un fondo.

La storia che vogliamo raccontarvi è quella di un uomo e di una donna la cui vita è stata trasformata da quell’isola, un uomo e una donna che a loro volta hanno trasformato il destino di quell’isola.

Lei si chiama Mar Aumente, una ballerina di flamenco spagnola, lui Aldo di Nora, un imprenditore vicentino. Si conoscono nel 2002, per lavoro, proprio ad Alicudi, che Aldo già frequentava dal 1976 per vacanza, e che Mar non aveva mai visto. Lì si innamorano, e lì, nel 2004, decidono di andare a vivere insieme.

Fondano una casa editrice Arbatus (“la casa editrice più piccola del mondo”, amano ripetere con un certo orgoglio) che nasce dal loro amore per tutte le isole dell’arcipelago e capitalizza la profonda conoscenza di quelle terre, soprattutto del loro entroterra.

Riscoprono e segnano vecchie mulattiere, mappano percorsi ormai dimenticati (o mai esistiti) e con il loro infaticabile lavoro pubblicano sette guide, una per ogni isola, rovesciando il “vissuto” di quelle terre spingendo i turisti a vederle non dal mare, ma “da dentro”. Vivono lì tutto l’anno, Mar e Aldo, una scelta che, intervistandoli, si comprende essere stata una scelta felice.

photo © Alessandra Raggio, Alicudi

Cosa ci fa un veneto in una delle isole siciliane più selvagge d’Italia, e non solo?

A cinquant’anni sentivo di aver concluso la prima parte della mia vita: figli grandi, un lavoro di successo, immerso nella vita dinamica e stressante di una delle province più produttive d’Italia.

Ma già molto prima, quando di anni ne avevo pochi più di venti la lettura di un articolo di Carlo Mauri mi aveva fatto scoprire Alicudi, che allora era un luogo del tutto sconosciuto.

Era il 1976 quando la visitai la prima volta e ne rimasi subito affascinato. Il silenzio, lo scorrere dei giorni ritmato dalle albe e dai tramonti (allora non c’era luce elettrica, come non c’è ora), mi faceva sentire come defilato dal mio destino: in quell’isola capivo che ero un ospite di passaggio su questa terra, che era esistita prima di me e avrebbe continuato ad esistere dopo di me, la sua bellezza magnifica e indifferente.

Poi tornavo a Vicenza a lavorare, ma dentro mi restava il sentimento della relatività di ogni nostra scelta, e del destino che decidiamo di vivere.  Cosi, quando l’amore per un’isola si è congiunta all’amore per una donna, ho fatto di Alicudi la mia nuova casa, il mio nuovo destino.Ma l’amore deve essere anche manifestato con i fatti, e così, con la mia compagna, mi sono adoperato per promuovere questo arcipelago andando nelle fiere di settore, invitando giornalisti e fotografi a casa mia in cambio di articoli che parlavano delle nostre isole e del nostro lavoro.

Cosa ci faccio ad Alicudi? Ci lavoro, e ci lavoro sodo!

Di inverno si fa promozione mandando mail a gruppi di trekking, agenzie di viaggio o associazione sportive di tutto il mondo e i risultati si vedono e come. Alicudi lavora con gruppi di trekking fuori stagione da marzo a giugno e da settembre a novembre, cosa impensabile prima che pubblicassimo i nostri itinerari di trekking.

Poi c’è il lavoro dentro la comunità arcudara, con i problemi dell’Italia, di una regione come la Sicilia e di un’isola che è l’estremo confine di quella regione…

photo © Alessandra Raggio, Alicudi

Come è la vita quotidiana in un’isola senza strade né luce elettrica, dove l’uomo non è riuscito a imporre la “sua” civiltà?

La nostra vita è cadenzata dalle ore di luce. Ci alziamo all’alba e trascorriamo la nostra giornata tra il lavoro al computer e il lavoro della terra. Abbiamo 6000 metri quadrati di terreno da curare: qualche albero di ulivo, un piccolo orto per il fabbisogno personale… abbiamo anche cominciato a fare del sapone naturale con le essenze del nostro giardino; aloe, rosmarino, salvia, limone.

Stiamo cercando di essere autosufficienti, e cosi abbiamo in cantiere un piccolo forno per il pane, la piantumazione di piante di capperi, alberi da frutta…

È l’isola che ci porta a vivere in questo modo, a contatto con la terra, con la natura, non astratte posizioni ideologiche.

photo © Alessandra Raggio, Alicudi

Se si pensa alle Eolie si pensa al mare, uno dei mari più belli d’Italia. E l’entroterra? Cosa mi dici dell’entroterra?

Noi vogliamo fare scoprire questo arcipelago da dentro. Le isole sono frequentate per il suo mare ma sono sempre di più quelli che durante la loro vacanza estiva decidono di mettersi gli scarponi, si alzano all’alba e vanno alla scoperta del cuore dell’isola. Le emozioni che si provano sono uniche percorrendo le antiche mulattiere, salendo strade fatte di gradini. Qui le distanze si misurano “a gradini”: 754 gradini per raggiungere l’antica chiesa di San Bartolo, 918 per la “casa del tramonto”, un vecchio rudere attorniato da piante di capperi e vegetazione spontanea che ricopre l’intera zona invadendo gli antichi terrazzamenti. È l’unico punto dell’isola da cui è possibile vedere il tramonto durante l’estate. Oggi è uno dei sentieri più battuti dell’isola ma prima della pubblicazione della nostra mappa non ci andava nessuno.

Questo è il nostro scopo: regalare emozioni a chi vuole conoscere i segreti della nostra isola.

4 aggettivi per descrivere Alicudi.

Difficile rispondere a questa domanda, come sarebbe difficile descrivere in 4 aggettivi una donna di cui ti sei appena innamorato e che ti ha incendiato il cuore.

Le ore che passi con lei non sono mai abbastanza, non ti stanchi mai di guardarla, non vorresti mai starle lontano, e comincia a mancarti anche solo quando pensi che devi andare. Così è quest’isola, un’isola che ti strega, la Circe di Ulisse. Può sembrare scontrosa quando la guardi per la prima volta, difficile da esplorare con tutti quei gradini da salire, così selvaggia, così silenziosa, ma è uno scrigno di emozioni che ti fa sognare, è il mio luogo dell’anima, la mia anima gemella, il mio grande amore.

photo © Alessandra Raggio, Alicudi

A tutti è venuta la tentazione (soprattutto dopo una vacanza) di “mollare tutto”, e di aprire un chiringuito o un agriturismo. Tu lo hai fatto. Hai voglia di raccontarci il bilancio di questa tua scelta?

Il bilancio cambia a seconda dei punti di vista, quello razionale o quello emotivo.

Dal punto di vista razionale la mia scelta è stata una follia, abbiamo fatto un lavoro pazzesco. In due abbiamo tirato su una casa editrice, le ore di lavoro non si possono contare, lo sforzo economico meglio dimenticarlo. Nessun aiuto da parte della Regione o del Comune: ci siamo aperti la strada da soli e il cammino da percorrere è ancora lungo.

Pensa solo alla distribuzione dei nostri prodotti: in giro per tutte le isole dovendo viaggiare per mare e poi raggiungere tutti i punti vendita in zone dove non circolano automobili.

Ma dal punto di vista emotivo la musica cambia, le soddisfazioni sono state tante, soprattutto (e mi dispiace dirlo) fuori dalle isole, dove il lavoro è stato più apprezzato. Gli articoli che hanno scritto su di noi, i siti internet che ci hanno dedicato dello spazio senza chiedere niente in cambio, i servizi televisivi, le persone che ci scrivono direttamente attraverso il nostro sito o i social. Sono queste cose che ci danno la carica per andare avanti, per stringere i denti, affrontare mille difficoltà.  

Sai che hai fatto un dono a tutti quelli che attraverso di noi hanno scoperto la bellezza di queste isole, sai che stai aiutando lo sviluppo di questo territorio, e questo basta a dare un senso a una vita.

Vivendo in un relativo isolamento l’uso dei social e di internet diventa ancora più irrinunciabile o si scopre che non è poi cosi necessario essere sempre “connessi”?

Non amiamo molto questi canali di comunicazione… essere sempre rassicurati cercando la faccina felice, o i like, i commenti, vedere compulsivamente le condivisioni.

I social li usiamo un po’ controvoglia, e solo quando è indispensabile per il nostro lavoro. Ma a volte sono indispensabili, e allora ringraziamo anche la tecnologia che ci fa restare connessi col mondo, se riusciamo a usarli senza diventare disconnessi da noi stessi.

Abitando ad Alicudi ho imparato a capire quello che conta davvero e quello di cui puoi fare a meno (il tanto di cui puoi fare a meno) per essere comunque felici, anzi più felici. Su questo dovrei scrivere un libro.

Scrivilo questo libro, Aldo, scrivilo…

photo © Alessandra Raggio, Alicudi