From 0 to 0: il giro di una vita

photo © Ilaria Cariello, Andrea Lanfri

di Ercole Giammarco

 

Andrea Lanfri ha 36 anni, ed è un alpinista di razza. Ma va anche in bici, e corre. Lo sport è da sempre il modo di abitare il suo desiderio. Qualche hanno fa ha inventato un format bellissimo: partire dal livello del mare, salire in cima a una montagna, e poi scendere dall’altra parte, fino al livello del mare, from 0 to 0, appunto, usando la bici e la corsa nelle tappe di avvicinamento e il trekking/arrampicata per salire in cima.

Facile se si parte dal mare Ligure, si scala una montagna dell’Appennino, e si scende dall’altra parte. Se si tratta di una montagna alpina, o himalaiana, il discorso si fa decisamente più complicato.

La prima tappa di quel tour prevedeva di scalare il monte Pisanino, la cima più alta delle Alpi Apuane, un tributo alla montagna dove Andrea ha iniziato a prendere confidenza con l’ambiente montano, da ragazzino, e dove ha imparato la fatica dell’ascesa, la bellezza del confronto con le cime, e la sfida che ogni via ti lancia. Poi ha continuato con l’Etna (37km in bici, 21km a piedi, 37km di corsa), con il Monte Rosa (220km in bici, 37km di corsa, 220km in bici). E ancora: il Gran Sasso (nella versione coast to coast, dal mar Adriatico al Mar Tirreno per un totale di 330km), l’Everest (si, l’Everest) e, l’ultima, il Kilimangiaro, il 21 agosto di quest’anno. Qui potete approfondire i particolari di tutte queste imprese.

From 0 to 0 è un modo straordinario di togliere l’alpinismo dalla magnifica ossessione di raggiungere la cima, e di inscriverlo in un contesto più ampio, anche spiritualmente, che ha a che fare non solo con l’ascesa, ma col viaggio, con un percorso che nella sua dimensione circolare dà un senso compiuto ed armonico all’impresa. Ognuna di queste tappe, oltre che un’ascesa, è una metafora della vita. Si parte da 0, a 0 si ritorna, ma in mezzo c’è tanta roba.

Su Itaca On Demand è disponibile il bel documentario dell’edizione 0 di questo format, quella del monte Pisanino.

photo © Ilaria Cariello 

Stavo dimenticando di scrivere che Andrea Lanfri questi viaggi fantastici li ha pensati e realizzati dopo un “intoppo” (lo chiama cosi): nel 2015, a 29 anni, una meningite fulminante con sepsi meningococcica gli ha portato via entrambe le gambe, e sette dita delle mani.

Lo sport mi ha salvato la vita due volte: mi ha dato un fisico integro per superare la batosta, e poi lo slancio per tornare a una vita normale”.

Ma lo sport gli aveva anche insegnato un metodo, lo stesso metodo che fa la differenza fra chi nella vita ce la fa, e chi no.

“Le protesi non sono esattamente un paio di scarpe: sacrificio, allenamento, tenacia, concentrazione, pazienza sono ingredienti indispensabili per sognare di fare l’impossibile con delle stecche di fibra di carbonio al posto delle gambe, prima, e realizzare quel sogno, poi. Sono gli stessi ingredienti che lo sport mi aveva messo a disposizione, e che ho utilizzato quando più ne ho avuto bisogno. Ma lo sport mi ha anche insegnato ad accettare quello che non si può cambiare, ed andare avanti”.

photo © Ilaria Cariello

Andrea non parla mai della sua malattia, e ho capito che è una strategia precisa: la sottovaluta (“un intoppo…”), per non rimanerne schiacciato, e per riuscire invece a schiacciarla. Ma una domanda non potevo non fargliela, anche se relativa all’”Intoppo”.

Cosa ti ha dato la tua malattia?

“Ha modificato la mia scala di valori: prima lavoravo come un matto, avevo un’impresa di impianti elettrici. Dopo la malattia ho deciso di lavorare meno, godere di più di questa vita, che è meravigliosa, è stupenda, e dare più spazio alle mie passioni, che sarebbe un peccato tradire”.

Ma l’insegnamento più alto che mi ha trasmesso Andrea è che per superare gli ostacoli che la vita ti pone davanti è necessario ridimensionarli, qualunque sia la loro mole, che è l’unico modo per trovare la forza di rimboccarsi le maniche per superarli. Perché anche un elefante può essere mangiato. Boccone dopo boccone.

“Una sfida, anche una sfida impossibile, si vince con i piccoli passi, perché sono loro la materia prima dei grandi passi”. 

Grazie, Andrea.

photo © Ilaria Cariello